L'approfondimento riguarda l'inserimento o meno dei magazzini dei prodotti finiti tra quelli che, a mente dell'articolo 1, comma 649, della legge 147/2013, beneficiano dell'esclusione dalla Tari ove funzionalmente ed esclusivamente collegati alle aree ove si producono rifiuti speciali.
Con la sentenza del Tar Lombardia, Milano, n. 1953/2022, si torna a parlare dell'esclusione dalla Tari dei magazzini, funzionalmente ed esclusivamente collegati ad attività produttive di rifiuti speciali, destinati allo stoccaggio dei prodotti finiti, propendendo per la tesi positiva.
La norma stabilisce che anche ai magazzini di materie prime e merci funzionalmente ed esclusivamente collegati a dette attività produttive di rifiuti speciali, si estende il divieto assimilazione dei rifiuti. La disposizione era nata in vigenza delle norme del Dlgs 152/2006 che rimettevano al comune il compito di stabilire l'assimilazione quali-quantitativa dei rifiuti speciali a quelli urbani, in base agli specifici criteri statali (articolo 198), compito che è stato soppresso dal Dlgs 116/2020. Quest'ultimo ha invece fornito una definizione uniforme su tutto il territorio nazionale di quali siano i rifiuti speciali da considerare urbani, sopprimendo il potere di assimilazione. Nella formulazione attuale l'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), del Dlgs 152/2006 stabilisce che sono urbani i rifiuti speciali rientranti nell'elenco di quelli indicati nell'allegato L-quater al Dlgs 152/2006, qualora prodotti dalle utenze non domestiche riportate nell'allegato L-quinquies al medesimo decreto.
In sostanza oggi la disposizione del comma 649 citato stabilisce che, oltre i rifiuti dei reparti produttivi (da considerare sempre speciali, alla luce delle norme dell'articolo 183, comma 1, lettera b-sexies), del Dlgs 152/2006 e della mancata inclusione delle attività industriali nell'elenco L-quinquies), anche i rifiuti prodotti nei predetti magazzini sono ope legis speciali, pur se rientranti nell' elenco di cui all'allegato L-quater del Dlgs 152/2006 e prodotti dalle attività di cui all'allegato L-quinquies al medesimo decreto. Si tratta di una presunzione normativa che fa si che i rifiuti dei magazzini come sopra identificati, a prescindere dalla loro tipologia, debbano trattarsi come speciali.
Con la conseguenza che sono escluse dalla Tari non solo le aree che producono in via continuativa e prevalente rifiuti speciali, ma anche quelle relative ai magazzini funzionalmente ed esclusivamente collegati alle stesse. Spetta al regolamento comunale definire quando i magazzini presentano i requisiti della funzionalità e della esclusività.
Sin dall'emanazione della norma è stato oggetto di discussione se nell'ambito dell'esclusione rientrassero non solo i magazzini destinati ad accogliere materie prime e materie di consumo, input del processo produttivo che genera i predetti rifiuti speciali, ma anche quelli in cui vengono conservati i prodotti finiti.
La posizione, va ad allinearsi con quella del ministero dell'Economia e delle finanze che, con la circolare n. 2/Df del 2014, considerava sempre esclusi i magazzini dei prodotti finiti, in quanto produttivi di rifiuti speciali al di la dell'intervento regolamentare del Comune e di quella assunta dal ministero della Transizione ecologica, con la nota del 12 aprile 2021, nella quale si afferma che «le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall'applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile».
Il Tar della Lombardia sposa quest'ultima tesi, ritenendo che i magazzini di stoccaggio, sia per le materie prime e le scorte, sia per i prodotti finiti ed aree strettamente collegate funzionalmente all'attività imprenditoriale vanno considerati aree strettamente connesse al "ciclo produttivo", con riconoscimento di produzione di rifiuti industriali. Tutte queste superfici strettamente e direttamente connesse, oggettivamente, alla "produzione" debbono godere del regime giuridico proprio dell'attività principale alla quale sono strettamente connesse.
I rifiuti prodotti da queste aree non possono essere inclusi nella definizione di rifiuto urbano, come avviene per tutti i rifiuti delle attività di produzione (fatta eccezione per quelli rientranti invece nella tipologia dei rifiuti urbani prodotti, anche dalle attività industriali, in aree con destinazione diversa da quella produttiva – come spacci, mense, uffici, eccetera). Con la conseguenza che gli stessi devono essere oggetto di gestione autonoma da parte del produttore, con impossibilità di imporre il servizio pubblico e l'applicazione della Tari.
Posizione conforme questa a quella già evidenziata dal Tar Sardegna, con la sentenza n. 893/2021.
Va altresì evidenziato che la fattispecie che ha generato l'impugnativa della norma regolamentare, che ha determinato l'interesse a ricorrere contro la previsione stabilita dal Comune, riguardava un piazzale destinato allo stoccaggio di rifiuti (oltre che di un magazzino) da parte di una ditta che svolge l'attività di trattamento rifiuti di terzi, circostanza che il Tar ha ritenuto irrilevante al fine dell'individuazione dell'esclusione di legge. Ciò in quanto si tratta pur sempre dello svolgimento di attività produttiva.
Infine, merita rilievo che la pronuncia del Tar abbia sottolineato come non ci sia una esclusione oggettiva per tutte le superfici dei capannoni industriali. Evidenziano infatti i giudici che dall'Allegato L-quater si ricava, come, nell'ambito degli insediamenti industriali, non sia possibile presumere la natura speciale di tutti i rifiuti ivi prodotti, dovendosi valutare la presenza in essi di attività sussumibili nell'elenco di cui all'Allegato L-quinquies (come ad esempio gli uffici o le mense) o di altre attività non elencate ma ad esse simili per natura e tipologia di rifiuti prodotti, idonee a produrre rifiuti simili, per natura e composizione, ai rifiuti domestici indicati nell'Allegato L-quater (su vicenda analoga, Tar Campania, Napoli, Sezione I, Sentenza 28 aprile 2022 n. 2928, ritenendo conforme il regolamento comunale laddove abbia previsto che anche per i capannoni industriali il pagamento della Tari relativamente alle superfici interessate comunque dalla produzione di rifiuti urbani»).